giovedì 17 dicembre 2009

Il manuale d'istruzioni

Il manuale d'istruzione ci vorrebbe, vero?
Una ripassata ai capitoli "Rapporti umani: come averne e non farsi male" e "Tirare a campare con quattro soldi, consigli per l'uso". Giusto perchè devo aver dimenticato dei paragrafi, prima di scendere nella bolgia dell'esistenza. Credevo di ricordarmene, poi alla prova dei fatti, qualcosa me lo devo esser dimenticato, e dovevano esser passaggi importanti, mi sa.
Non sono sicura servano, ormai... certe cose le reimpari anche attraversando questo mare insidioso che è l'esistenza, ma una rilettura non guasterebbe di certo... magari mi rendo conto di cosa ho dimenticato e di dove mi sono sbagliata.
Quel che è vero è che ci va pazienza, nella vita.. che a voler far le cose di fretta ti fai danno... ma anche prenderla troppo calma, troppo cauta è un danno.
Si, ci vorrebbe un'altra occhiata al manuale, senza dubbio. Non sarebbe male.
Magari ci si eviterebbero botte inutili, no? Ed invece arrivi qua senza capire nemmeno come funziona una caffettiera, e impari anche le più piccole stronzate a suon di scottature, tagli, escoriazioni... alla fine ti fai una pelle talmente piena di cicatrici che non senti più nulla. Del tutto. Almeno... è quello che pensi, prima di scoprire un altro punto sensibile nascosto.
E guardi di nuovo il cielo, chiedendoti se per caso, anche nel manuale c'era qualche nota scritta molto in piccolo che nascondeva il trucco, come nei contratti di vendita.
Riparto alla ricerca di un lavoro... non ne ho voglia e spero che questo lavoro, che pure non mi piace, sia duraturo... e mi sento presa in giro dalle mie stesse speranze.
Mi guardo attorno, con qualche idea più chiara anche nella mia vita emotiva... ma non sono troppo sicura di cosa voglio davvero nemmeno li.
Infine la sola cosa di cui sono sicura è che non ho ancora capito abbastanza della vita... e sono stanca di arrovellarmi.
Non è che si potrebbe dare un'altra occhiata al manuale d'istruzioni, per favore?

giovedì 10 dicembre 2009

oltre vi era solo luce

La guerra durava da secoli, all’apparenza, ma infine terminò, non importa chi la vinse, l’avevano persa tutti i contendenti. Il vecchio guerriero sosteneva un giovane compagno, piangente e ferito, cercando di aiutarlo a sopravvivere fino all’arrivo dei soccorsi e intanto guardava attorno a sé il campo di battaglia, coperto di corpi martoriati e di mezzi da guerra devastati: non sapeva se aveva vinto o perso, non sapeva nemmeno più che cosa avesse fatto finire la battaglia, riusciva solo a pensare ”Grazie”.
Fu un attimo: misero il piede su di una mina o su una bomba inesplosa.
Il vecchio guerriero si sentì sollevare e vide il proprio corpo dilaniato sotto di sé, accanto a quello del proprio compagno, che ancora urlava, le gambe tranciate ed il ventre dilaniato. Alzò lo sguardo, senza provare nulla: si sentiva alleggerito, distaccato, come se si fosse tolto un peso ormai insopportabile. Comprese di non aver mai voluto sopravvivere alla fine di quella guerra. Alzò lo sguardo verso il paesaggio attorno, che dal campo di battaglia non aveva mai potuto vedere e vide ciò perciò aveva combattuto e fu lieto di aver perso, perché, ora lo comprese, la sua fazione aveva perso: volevano conquistare la città della gioia.
La vide, costruita sulle colline, sembrava che le case fossero costruite direttamente sugli alberi, solo gli edifici più grandi, ed erano davvero imponenti, partivano da terra, come torri dai muri e dai tetti multicolori, a guglia. Gli alberi giganteschi ospitavano piccole case, in cui abitavano famiglie dagli abiti multicolori, gente davvero piena di gioia, meravigliose creature felici che lui aveva odiato e desiderato distruggere per impossessarsi della loro felicità ed ora capiva che non avrebbe mai potuto accadere, perché distruggendoli avrebbe distrutto ciò che li rendeva così felici. Ora che guardavano in lontananza i fumi levarsi dal campo di battaglia, tra cui si diffondeva la voce che la guerra era finita, vide che erano felici e che cominciavano a cantare, ma che conservavano anche la pena e la compassione per tutti i morti inutili che essa aveva generato e sentì che era anche per lui e ne fu commosso e grato. Il vecchio fu colto da orrore per il suo odio e si pentì amaramente di aver voluto conquistare ed uccidere quella gente che ora capiva essere così pacifica, mentre la sua fazione aveva voluto la guerra in odio ad un popolo così sereno e prospero. Chiese perdono e lo ottenne. Si guardò attorno e ciò che vide gli avrebbe mozzato il fiato, se avesse avuto ancora polmoni con cui respirare: in aria volavano cose che lui non aveva mai ne visto ne sognato.
Avevano l’aspetto di pesci, erano giganteschi, semitrasparenti e lucidi come se fossero fatti di vetro, ma si muovevano sinuosamente, come se in realtà non fossero rigidi ma flessibili. Dentro di essi vide passeggeri, gente che guardava il luogo della battaglia e comprese che erano sempre stati sopra di loro, senza mai intervenire ma solo guardando, anche se nessuno li aveva mai visti prima. Sembravano delfini, meduse, orche, balene, tutti pieni di gente che guardava fuori. Da uno di essi qualcuno parve guadare nella sua direzione, ma lui era certo che non potessero vederlo, dopotutto era morto, no? Mentre se lo domandava vide arrivare l'aeronave più grossa di tutte, a forma di orca, coi vetri che le formavano il corpo variopinti e mutevoli, come se fossero fatti di bolle di sapone. Il mezzo procedeva lentamente, scodinzolando, muoveva la testa come se fosse vivo e si stesse guardando attorno, ma lui poté guardarvi dentro e vide che portava una sola passeggera, in piedi davanti ad una balconata su un soppalco su cui c’era quello che pareva un trono meraviglioso, delicato ed elegante come un disegno liberty. La donna era bellissima, con un’acconciatura elaboratissima che reggeva una delicata coroncina d’oro, era vestita con un abito la cui stoffa sembrava la seta più delicata e leggera che avesse mai visto, guardava il campo di battaglia con infinita compassione ed amorevolezza. Lei era Iside e quando lui lo capì ella guardò verso di lui e lo vide. Il guerriero si sentì colmare di un amore e di una compassione infiniti, comprese come anche la sua battaglia non era completamente persa o inutile se solo lui avesse accettato di riprovare e tornare indietro, ma prima chiese ad Iside se la città fosse salva. Lo era. Lo invitò a salire sul suo mezzo, egli attraversò la parete come se fosse stata davvero solo un lieve velo di sapone e quando passò di là…
oltre vi era solo luce.

domenica 11 ottobre 2009

SIlenzio

Un uomo Sacro ama il silenzio, ci si avvolge come in una coperta: un silenzio che parla, con una voce forte come il tuono, che gli insegna tante cose. Uno sciamano desidera essere in un luogo dove si senta solo il ronzio degli insetti. Se ne sta seduto, con il viso rivolto a ovest, e chiede aiuto. Parla con le piante, ed esse rispondono. Ascolta con attenzione le voci degli animali. Diventa uno di loro. Da ogni creatura affluisce qualcosa dentro di lui. Anche lui emana qualcosa: come e che cosa io non lo so, ma è così. Io l'ho vissuto. Uno sciamano deve appartenere alla terra: deve leggere la natura come un uomo bianco sa leggere un libro.
Cervo Zoppo
Sioux


Ho bisogno di silenzio, come di una coperta che mi avvolga... ho bisogno di guardarmi attorno e contemplare le cose dalla distanza fornita dal silenzio della mente, di vedere la solita realtà da una prospettiva diversa. Cammino per le strade della città, parlo con conoscenti, amici, colleghi, ma una parte di me sta cercando di sfuggire a questa sensazione di inutilità, di ritrovare la sensazione, la convinzione che tutto ha un significato, un valore... guardo il cielo, le strande, le facce delle persone, cercandolo... ma non lo trovo.
Temo che il solo posto dove trovare il senso sia quello dove sto cercando di non guardare, perchè temo che mi faccia ancora del male... il posto dove pulsa, dove batte.... dove duole... mi faccio coraggio e guardo. E non ci trovo nulla che dolga, se non la mia paura di farmi ancora male.
Chissà... ora gli orizzonti si allargano... la lunga strada verso casa diventa più luminosa e si accorcia... non ho fretta di percorrerla, so che casa può esser dietro l'angolo e riscopro la voglia di godermi il paesaggio, mentre ci vado. Chi lo sa, magari ci sono belle locande, sul percorso... e buone compagnie da trovare.

domenica 13 settembre 2009

LAMPO ROSSO


Il freddo dell’acciaio mi attraversa la spalla come in lampo gelido, il mio nemico mi ha ferito. Con un rapido movimento mi sottraggo alla lama ed il colpo successivo è mio, molto più preciso del suo. Lo sguardo si fa subito vitreo: prima che cada so di averlo ucciso.
Ho perso di nuovo la battaglia, ed ha vinto la bestia assassina che si cela in questa lama, il demone per cui è diventata tristemente celebre con il nome di Lampo Rosso.
La sua lama non è mai pulita perchè quando lo è chiama urgentemente sangue, anche quello di chi la impugna, se necessario. Molti di coloro che l’hanno posseduta sono morti suicidi ed è stata lei a possedere loro, alla fine. Ora è arrivata a me, ma non mi possederà mai. Io sono la prima donna a toccarne l’impugnatura e possiedo una dote che mancava a tutti coloro che mi hanno preceduta ed hanno bramato toccarla: la compassione. Più di una volta Lampo Rosso ha chiamato il mio sangue, per passare ad un guerriero più bellicoso di me, ma io sono riuscita ad ingannarla.
Solo quando chiede sangue altrui non sono ancora riuscita a sconfiggerla, perchè il demone che possiede la mia anima è forte quanto quello che anima Lampo Rosso.
Il suo nome è Vendetta e non mi lascerà finché non avrò eliminato la causa di tutto il mio dolore, coloro che hanno distrutto me e la mia famiglia, dissanguando di taglieggiamenti l’attività di sarto di mio padre, inducendolo a rivolgersi a strozzini che lo hanno condotto prima a vendere tutto, poi a mandare moglie e figli a fare i servi con lui e infine a suicidarsi dal dolore, per non vedere il modo in cui veniva trattato che amava. Io ho ucciso il mio padrone, uno degli strozzini di mio padre, dopo che mi aveva picchiata per l’ennesima volta, perché aveva cercato di violentare la mia sorella minore, dodicenne. L’ho ucciso con Lampo Rosso, che aveva avuto in pagamento di un debito e non aveva mai osato toccare, che ha sentito la mia sete di sangue così grande da mangiare tutto il mio cuore.
Fuggii quando uccisi quel sadico assassino e vidi i suoi compagni massacrare tutta la mia famiglia. Promisi alla lama che mi sarei vendicata e la bagnai col mio sangue, che ancora mi usciva dalle labbra martoriate dalle botte di quell’uomo e seppi che Lampo me l’avrebbe data, ed anche molto di più, se avessi osato chiederlo.
E così fu.
Ho ucciso quasi tutti coloro che furono causa della mia rovina, ma compiere questa vendetta mi ha trasformata in qualcosa che non avevo pensato di diventare: un sadico assassino come quelli che avevo giurato di uccidere. Ora sono un temuto guerriero e nessuno conosce più ciò che io sono veramente. Il mio nome viene solo bisbigliato con un misto di timore e ammirazione, ma io combatto contro un nemico più grande, ora: la voglia di uccidere, il piacere della lotta e del trionfo, perché io vedo negli occhi dei miei nemici la rabbia e la paura, la disperazione e la voglia di rivalsa e mi accorgo di quanto mi assomiglino, a ciò che ero prima di imparare a nascondermi ed a farmi masticare l’anima da questi demoni.
È ora che io abbandoni questa spada, ma non posso trasmetterla ad un altro guerriero perché il seme di morte che essa porta con sé germoglierà nella sua anima fino a portarlo alla distruzione, quando sarà di nuovo libera di infettare un altro guerriero.
No, essa deve essere sepolta e dimenticata, fino alla fine dei tempi.
Ma anche se la seppellissi nelle profondità più abissali della terra qualcuno potrebbe ancora ritrovarla ed essa tornerebbe ad uccidere… bisogna che con essa vada distrutto il suo demone ed il solo modo che ho di farlo è sconfiggere il mio: ho rinunciato alla vendetta. Non ucciderò i pochi superstiti di coloro che distrussero la mia famiglia e la mia vita e così sarò forte abbastanza da battere il demone di sangue che infetta quest’acciaio.
Ci sono riuscita. L’ho fusa e ne ho fatto una pentola. Servirà solo a cucinare cibi ed a nutrire i corpi che prima nutrivano lei col loro sangue. E se qualcosa di velenoso fosse rimasto in essa ed i cibi cotti in lei intossicassero, allora diverrà un vaso e le piante che in lei io pianterò crescendo la monderanno da ogni male. Il suo cuore sarà di terra ed essa diverrà madre dei semi che in lei germoglieranno e fioriranno, quando in lei sarà tornata la compassione ed il suo nome sarà dimenticato, saremo guarite entrambe. La mia lunga vita tornerà ad avere un senso e potrà infine avere termine.

domenica 6 settembre 2009

Il tassista

Salve ragazzo! Ben arrivato sul mio taxi! Dove ti posso portare?

Che posto è questo, dici?

Questo è il posto dove arrivano tutti quelli che non si rassegnano all’idea d’aver tirato le cuoia e vogliono viversi ancora un pezzetto d’esistenza, ma non s’accorgono che è tutta fantasia. Abbiamo tutte le epoche, radunate qua, addirittura sovrapposte per i più abili a raccontarsi balle, che vogliono avere ventun anni e fare quello che facevano a cinquanta col corpo molto più in forma. Alle volte son così bravi ad inventarsi un loro mondo che finiscono con l’infestare pure quello dei vivi, che ne hanno già di paranuie loro senza doversi prendere pure quelle dei defunti nevrotici. Tu dove vuoi andare, ragazzo?

Io? Sono Caronte, il tassinaro dell’inferno, posso portarti dappertutto, vuoi rivedere cos’hai fatto l’ultima settimana della tua vita? Te lo posso far vedere e rivedere per un centinaio d’anni, se vuoi! Continuerai a litigare col tuo vecchio perkè ti sfrutta come manovale e non ti paga un cazzo, ti farai mollare dalla tua donna, litigherai di nuovo col tua vecchio e finalmente andrai a sbronzarti ed a sballare in quella stupida discoteca dove hai bruciato tutte le sere della tua vita, per uscire bello cotto e finire con l’auto contro il faggio in fondo al parcheggio… per sempre!

Posso fartelo rivedere per tutto il tempo che vuoi… No? Non è stata così la tua ultima settimana? Ah, era quella dell’altro passeggero, però, quello che era seduto accanto a te, lui si che ce l’ho portato a rivedersela, è ancora lì e mi hanno detto che ci resterà per qualche secolo, povero fesso, è convinto che se la rifà prima o poi capisce dove ha sbagliato, la sistema e torna indietro, ma da qui non si torna indietro, si và solo avanti…

Eh? Che hai detto? Ah, chi sono quelli sul camioncino? Hanno un brutto aspetto a vederli da qui, vero? Sembrano davvero i diavoli che ti raccontano a catechismo, con tanto di corna, coda appuntita, forcone ed alito puzzolente… è colpa di tutti i predicatori che ci hanno mandato se hanno questo aspetto, erano ben più belli quando abbiamo cominciato a lavorare, il capo pensava che se i messaggeri avessero avuto un aspetto gradevole la gente li avrebbe accolti molto più volentieri, ma dato che venivano a dire che altrove si stava meglio ed a portare via la gente che ci credeva, gli altri, i bigotti che dicevano che qui bisogna espiare i peccati commessi dall’altra parte del vetro, li hanno rivestiti di quel brutto aspetto. Pensa che tutti quei bigottoni sono ancora qui, a farsi infilzare il forcone nel didietro per far finta che gli sia dispiaciuto far le corna alla moglie o mandare i figli in collegio o condannare la gente che faceva senza vergognarsi le stesse cose che facevano loro dicendo che erano sbagliate, gente che non s’è mai rassegnata a non trovare l’aldilà esattamente come lo voleva, che ne ha costruito la loro versione con tutti gli sventurati che sono riusciti a convertire. Bah!

Pensa, c’è pure gente che si è costruita inferni favolosi, ragazzo, credimi, gente veramente di buon gusto, come quel Prestley, ragazzi, quello si che è un posto! Ti ci porto, se vuoi, Elvis è un mio buon amico e gli fa piacere quando lo vado a trovare… no? Nemmeno lì vuoi andare? Ragazzo mio, sei di gusti difficili, è pieno di belle ragazze, laggiù, ci sono le migliori droghe del mondo e si può mangiare fino a scoppiare, ed è pieno di bella gente, musicisti, attori, gente che indubbiamente sa divertirsi, sai, l’hanno raggiunto in tanti, quando s’è sparsa la voce di cosa aveva organizzato, tanta gente l’ha scambiato per il paradiso e quando i messaggeri vanno a raccontare loro di quell’altro paradiso, quello vero, gli ridono in faccia, quelli proprio non li recuperi più, credimi. Pensa che c’è andata anche gente da altre epoche, gente morta nella peste del Trecento, soldati napoleonici, gladiatori romani, un sacco di nerboruti con la clava… no, sicuro. Va bene, però non mi hai ancora detto dove ti devo portare… ho capito, tu sei di quelli che vogliono fare il giro turistico, prima di decidersi, però ti avverto, il tassametro corre e se superi la tua cifra poi mi devi sostituire, lo sai questo, vero? Benebene, non voglio sorprese se poi ti tocca.

Oh, lo sai cos’è quello? È il pozzo delle anime, lì si vanno a buttare tutti quelli che non credono ne a me ne agli altri, che credono che questo sia tutto l’aldilà possibile e si sconfortano… E’ una specie di suicidio delle anime, insomma. Per loro il cammino diventa lunghissimo, non fanno nessun giro, tornano alla matrice primordiale, che li ripulisce, li lava per benino da tutte le loro magagne e li fa ripartire daccapo, dalla loro prima vita. Loro la trovano una prospettiva esaltante! Io onestamente la trovo una noia infinita, rifare tutto da capo a caccia di miglioramenti… e guarda che intendo proprio dall’inizio, quelli si rivedono amebe nel brodo primordiale, hai voglia ritornare allo stesso punto da cui son tornati indietro! Terrificante! Sono tutti convinti che cambieranno le cose invece in quel modo le ripeteranno identiche passo dopo passo, fino a trovarsi di nuovo davanti al pozzo… io glielo dico che si possono migliorare le cose solo andando avanti, ma non mi credono…non vorrai per caso andare lì, vero’ ah, no, meno male!

Quel palazzo, dici? Oh, quella è la casa di uno dei pezzi più grossi che siano venuti ad occupare l’aldilà, tanto era megalomane in vita, tanto lo è ora che è qua, e meno male che ce n’è di posto qua sotto… è la villa di Nerone, lo vuoi andare a trovare? Sappi solo che ti declamerà poesie in latino fino a farti venire il latte alle ginocchia e poi pretenderà di sfidarti nell’arena!

Guarda, guarda quel tipo invece! Sì quello che addestra i leoni, è un vecchio domatore di animali, lavorava in un circo famoso, si è suicidato quando gli sono morti tutti i leoni di tifo. Ora che è qui è convinto di averli ritrovati e passa il tempo a giocarci. Sospettiamo che sia pronto a reincarnarsi di nuovo come domatore o come leone, ma stiamo lavorandocelo per farlo diventare veterinario, sarebbe la soluzione migliore, indubbiamente.

Laggiù c’è la trattoria più incredibile dell’inferno, la tiene Vatel, il cuoco e maestro di cerimonie più celebrato del 1700, si è suicidato quando una partita di pesce non gli è arrivata in tempo per servirla al Re Sole, poveretto… però ora il pesce lo cucina da Dio, credimi! Ti và uno spuntino? No, eh? Ah, che disgrazia!

Su quell’auto invece ci và in giro uno scrittore del tuo secolo, magari l’hai anche letto, si chiama Jack Kerouac. Conosce tutto l’inferno e dà spesso passaggi anche ai messaggeri celesti quando riportano su qualcuno, è diventato un tassinaro come me, dice che gli piace molto più girare che arrivare, non so dargli torto, onestamente…

Lì invece ci sta la bottega di Caravaggio, è riuscito a realizzarla solo qua perché in vita era occupato a far altro, ma non dipinge più, riesce a fare solo infinite versioni dello stesso Bacco, del resto se vuole davvero ricominciare a dipingere cose nuove deve tornare sulla terra, reincarnarsi… Cosa? Oh, già che c’è la reincarnazione, quella è un’altra grossa palla che via hanno raccontato, di avere solo una vita, poveretti! Ne avete miliardi, fantastiliardi, se non vi stufate prima, tutte quelle che volete! Siete voi a deciderlo, finché dall’altra parte del vetro continuate a divertirvi tanto… ma certo che vi divertite, ragazzo! È per quello che ci si reincarna, perché dall’altra parte si trova qualcosa di divertente da fare, è solo perché vi dimenticate di questo semplice fatto che tornate di qua scontenti e delusi e se venite qui prima di andar di sopra vuol dire che sono davvero un bel po’ le cose che vi siete dimenticati. Oppure che volete vedere i parenti oltre il vetro… vuoi tornare a vedere i tuoi, ragazzo? No? oh. Sono già di qua, capisco.

Certo che c’è gente che và subito di sopra, sono proprio quelli che sono riusciti a divertirsi durante tutto il percorso, che non hanno dimenticato perché sono scesi in terra ed hanno fatto tutto quello che volevano fare. Che gli succede lassù? Oh, non è compito mio dirtelo, ragazzo, lo scoprirai da te se decidi di andarci. Come si fa da qua? Bè, basta che me lo dici, io chiamo i ragazzi col forcone e saranno loro a portarti al piano di sopra, io sono solo il tassinaro dell’inferno, te l’ho già detto, il mio solo compito è portarti in giro per il piano basso. Ti fanno ancora troppa impressione, eh? Eppure non sono così brutti come sembrano, te lo posso assicurare. Bè, allora, dove vuoi andare ancora? Ah vuoi vedere il futuro? Oh, ragazzo, caschi di nuovo male, qua il futuro ci arriva solo quand’è passato, credimi!

Dove hai detto che vuoi andare? Sei proprio sicuro di voler andare lì? Guarda che di tutti i posti dell’inferno, quello è proprio il più noioso, se vuoi c’è la taverna di un mio amico, si chiama Dioniso, è un posto fantastico, c’è tanta musica e tutti i vini che puoi desiderare… No? Proprio lì vuoi andare? Ah vabbè, come vuoi tu, ti porto, ma poi non ti lamentare se scopri che è una cagata, io ti ho avvertito, non è il capo che l’ha costruito, lo avete voluto voi un posto così.

Eccoci arrivati, ragazzo, come hai detto che ti chiami? Oh, sì, Kurt Cobain, bè, buon proseguimento, Kurt e che buon pro ti faccia!

Ma che tipo, con tutti i posti che poteva provare voler andare al paradiso terreste. Vuoto, per di più, c’è solo il vecchio grande albero, e il serpente rinsecchito. Ma son tutti convinti che ci sia chissà che cosa: non capiscono mai che il vero paradiso terrestre è quello che hanno appena abbandonato, con tutti gli amici, gli amori ed i parenti. Sempre così i suicidi, credono che qui sia meglio, vengono a riposarsi ed invece si annoiano anche qui. Poi quando scoprirà quant’è chiacchierona la vecchia serpe vedi se non si farà venire a prendere, e di corsa! Ma ora avanti il prossimo, eccolo là! Una ragazza, stavolta.

Salve fanciulla, benvenuta sul mio taxi, dove ti porto, bellezza?

venerdì 4 settembre 2009

L'anno zero.

Cifra tonda, cioè. I quaranta, per capirci. Quest'anno, a ottobre compirò la cifra tonda, lo zero.... Ed è dall'anno scorso che non ci capisco più nulla, di quello che mi frulla nel cervello, nemmeno avessi davvero le farfalle, nella scatola cranica e non materiale organico. Ti si aggiunge un anno e sembra che devi tirar le somme di tutti i precedenti, come se ti toccasse far l'inventario di ciò che hai messo quarantanni a combinare per vedere di non far doppioni negli anni a venire.. e scopri che se hai avuto culo, ti stai simpatica, ma se la sfiga ha giocato a rimpiattino con te e ti ha beccato la maggior parte delle volte, ti chiedi che hai combinato... e che ne è stato di te e di tutte le belle fantasie che ti eri fatto quand'eri giovane ed innocente... o solo troppo idiota per capire. Capire cosa poi? Che nemmeno ora ci sto capendo niente di cosa voglio dalla vita?

Vent'anni di ricerca spirituale. Non scherzo. Son tanti che leggo, guardo il cielo, guardo il cuore alla ricerca di un senso del divino, ho anche pensato di aver trovato qualcosa che gli assomigliasse, ho divinato, pregato, meditato, praticato, fatto miliardi di cose, ed ora scopro che tutto ha poco senso, che credo ma non me ne frega niente, che alla fine sto bene anche senza spaccarmi la testa davanti all'altare... ed allora? Ho sbagliato qualcosa? Ho fallito? O sono solo davanti ad un altro sentiero, un nuovo bivio? E dove mi porta? E poi perché dovrei scegliere? Sto bene anche così.

L'amore... son single da anni, ormai. Ero parte di una coppia e mi riconoscevo in quell'identità parziale che ti da il fatto di esser partner di... poi, ho scoperto la gioia di esser solo io, il senso innegabile di libertà, di leggerezza, ed anche il corrispettivo in solitudine. Lo strambo è che il senso di solitudine lo sentivo anche in coppia, quindi non sono proprio sicuro di averci perso qualcosa. Si sta più felici in coppia? Forse, ma se non stai bene con te stessa, non stai bene in nessun modo, non ci raccontiamo palle. Nessuno ti salva l'anima se non sei capace di farlo tu. Nessuno risana le tue ferite affettive o riempie i tuoi buchi emotivi se non sei tu a metterci la pezza per prima, poche balle.

Il lavoro... a quarant'anni non dovresti avere un lavoro vero? Un mestiere? Qualcosa di sicuro, invece di vivere con il contratto in scadenza ogni due mesi? Ma dico, mi pigli per il culo? In Italia e con il governo che abbiamo da un decennio a questa parte? Come se non avessi colleghi e colleghe di 10/15 anni più grandi di me nella stessa medesima situazione, ma fammi il piacere! O messi peggio, perché il lavoro pensavano di avercelo, la sicurezza costruita e poi si son visti licenziare per esubero ed ora non sanno da che parte ricominciare.

Gli amici... sempre stati pochissimi ma buoni... e non cambia la situazione. Anzi, tendo a diventare sempre più eremita. E la cosa non mi disturba affatto, è questo il punto.

La vocazione.... la scrittura, cioè. Mi son sognata la carriera dell'autore per tutta la vita, ed ora mi guardo ed ho in mano solo tanti bei pensierini ben scritti ad intasarmi la memoria del pc ed i mille quaderni che ho stipati in casa. E non ho ancora pubblicato il libro della mia generazione. Eh, già, quello lo ha scritto Moccia e devo dire che sono quasi felice di non averlo fatto! Ed allora? Dove vado con questo bel film di voler scrivere? Da nessuna parte, al pc o sul divano, come sempre. Scrivo per il mio lettore principale, la stessa tizia che digita sui tasti. Ed anche in condizioni di pessimismo nero e cosmico, questa è la sola cosa vera che mi è rimasta attaccata addosso. Fosse anche solo per intasarmi il pc, questa è la sola cosa che resta intatta, la voglia e la volontà di scrivere, ovunque vada a finire sta roba. Qua non gioco a rimpiattino. Questo è ciò che mi da ancora un senso, ed allora lo faccio, continuo a farlo, anche in assenza di un perché.

lunedì 31 agosto 2009

la teoria dei giorni della settimana, ovvero, perchè odio il lunedì

Cominciamo dal mio giorno preferito, la Domenica... si merita la maiuscola, sopratutto perchè è il giorno del nulla. Nulla fare, nulla pensare, nulla progettare... io la concepisco come gli ebrei osservanti concepiscono il sabato: non si fa niente. Ci si gode il privilegio dell'ozio puro. Io quasi preferisco alzarmi "relativamente" presto, la domenica, per godermela tutta.

Andiamo a ritroso, il sabato. Se lavori, è uno strazio, si riprende solo la sera, se esci. Se non lavori è uno spettacolo, a patto che non debba far la spesa, sennò anche qua aspetti la sera. Se non esci è preludio della Santa Domenica ed è meraviglioso lo stesso.

Il venerdì, è il giorno in cui cominci a dirti che ce l'hai fatta, a passar la settimana. Fai i conti con gli affari arretrati della settimana e se non son troppi sei pure soddisfatto, sennò puoi sempre dirti che tanto se ne riparla la prossima settimana.

Il giovedì è metà settimana, per cui cominci nuovi progetti e fai il punto della situazione. Cominci a prendere le cose con maggior calma e ci può pure scappare un'uscita di metà settimana.

Il mercoledì non è carne ne pesce, sei ancora alle prese con il lavoro settimanale, speri che le cose vadano meglio ma ci possono ancora esser brutte sorprese.

Il martedì sei convinto che esserti buttato alle spalle il lunedì ti metta già a metà strada ma non è così, sei alle prese con ancora tutta la settimana di impegni e cristoni perchè ti sei dimenticato qualcosa da fare nel progetto settimanale del lunedì e devi rivedere il tutto... e scopri che qualcosa ti scappa sempre.

Il lunedì..... riparti, devi vedere che ti sei lasciato indietro della settimana precedente e organizzare quella che viene, fai mente locale, ma stai ancora rincorrendo l'abbiocco che ti sei coltivato la domenica e prima che ti ripigli del tutto è già sera e ti sei scordato l'unica cosa che volevi far partire di lunedì.... e di solito era la cosa che deve sempre partire dal lunedì: la dieta, smettere di fumare, andare in palestra, andare a trovare mamma, fare i compiti, cercare il lavoro nuovo... insomma, una balla...


Ora si capisce meglio perchè odio i lunedì???


venerdì 28 agosto 2009

Al precariato non ci si abitua mai....

Come da titolo...

Cambiamenti in corso, mi spostano da una commessa ad un'altra molto simile, sempre nello stesso call center... corso intensivo, nuovi colleghi da conoscere, nuove informazioni da assimilare e da restituire ai clienti, il solito culo inverecondo per convincere la gente ad aver bisogno di qualcosa che non vuole, il solito iter per convincermi a fare un lavoro che sostanzialmente odio...

A che pro? Mi chiedo.

La bolletta in ritardo appuntata sul frigorifero è la triste ma realistica risposta.


Il silenzio che regna sovrano nella mia casa, al ritorno dal lavoro, è la ricaduta sulla mia esistenza di un lavoro fatto di fragore assordante e di migliaia di parole inutili spese quotidianamente...


Insensatamente continuo a scrivere, sperando che aver ancora qualcosa da dire, per quanto futile, sia la riprova che questo dannato lavoro non ha ancora ammazzato del tutto la mia creatività...

mercoledì 26 agosto 2009

Guardo l'orizzonte...

Aspetto trepidante la fine dell'estate... Aspetto Mabon, che mi traghetta sulla soglia della mia stagione preferita... e quest'anno mi mette a guardare negli occhi i miei anta, con cui sto facendo amicizia, visto che non si possono evitare... ma non mi spiacciono, sembrano tranquilli, educati, non invadenti... brava gente con cui posso pensare di andare d'accordo, forse anche di più di quanto sono andata d'accordo con i trenta e sicuramente meglio di quegli scassapalle rumorosi dei venti.


E chissà che gli anta non riservino anche belle sorprese? Si vedrà....

venerdì 21 agosto 2009

Invettiva alla Musa

Musa… Schiere di poeti idioti che t’idolatrano, che t’invocano come una donna meravigliosa, angelica, bellissima, che ispira pensieri elevati… STRONZATE! Bastarda ti dovevano chiamare! Tutte stronzate, razza di cane rognoso che nn sei altro, un Muso sei tu, altroché! Un Grugno, un fetentone grutuluto e peloso, ubriacone, puzzolente, fannullone, fedifrago e bugiardo, ladro, truffatore, imbroglione vanaglorioso e narciso da fare schifo, questo sei tu, Musazza di mmerda!
Tu che invece di raccontarmi le storie me le suggerisci, che i racconti migliori me li detti sul tram, alle sei del mattino, col pieno di gente che va a lavorare e nn ho nemmeno uno straccio di carta e un mozzicone di matita di merda per scrivere, che appena ho due minuti di tempo libero per scrivere quel che m’hai raccontato svanisci nel nulla o mi guardi come dire “io ti avrei detto cosa? Tu vaneggi, donna!”, che posso trattarti con tutta la gentilezza del mondo ma m’ignori per settimane, mi lasci lì davanti al foglio bianco a piangere di solitudine e poi mi tieni sveglia per una settimana di fila a raccontarmi una sola storia, ma così meravigliosa che ad ascoltarti ci sono anche gli angeli del paradiso che cantano in coro, bastardi pure loro, ed io nn riesco a chiudere occhio, proprio la prima settimana di prova del nuovo lavoro, perché sai, stronzo, con te mica ci campo, bastardo, e devo essere sveglia e brillante, non posso avere quell’aria di smarrimento estatico che mi metti tu in faccia quando mi racconti certa roba, che le colleghe mi fan tutte battutine sul mio boy-friend che nn mi lascia dormire la notte ed invece sei tu che mi torturi e mi mandi in estasi, che se fossimo fidanzati uno come te lo avrei già scaricato duemila anni fa, anche se finisco col pensare che rispetto a certe notti di sesso sei meglio tu… bastardo cinico e brufoloso, grufolante porco, latitante!
Tu, che mi hai graffiato l’anima quand’ero ancora così giovane ed innocente da non saperlo nemmeno di averla un’anima da graffiare, che pensavo tu fossi un dono divino ed un motivo d’orgoglio e nn una dannazione perenne e dolorosa, tu, che sei l’estasi amorosa più di qualunque bipede che cupido possa mai ingegnarsi di farmi incontrare, che se l’amore più grande e l’odio più feroce che possa riversarsi nel mio sangue vivente, che mi fai vedere luoghi meravigliosi e lontani che nn vedrò mai e incontrare persone straordinarie, che mi insegni il senso della vita e del divino, e mi ispiri parole che nn sapevo di poter dire, pensieri così elevati che mai la mia anima da sola potrebbe contenere, e mi riempi di gioia nei momenti più strani. Mi hai catturata, perché tu sei stato a scegliermi per torturarmi ed amarmi con le tue storie, mi hai ignorata ma mai abbandonata, mi hai fatto patire la tua lontananza restandomi vicino, hai fatto di me la tua schiava e la tua devota amante, tu che farei qualunque cosa pur di non perderti anche quanto ti odio ferocemente, tu, Muso, Divino Grugno, sei davvero il dono più meraviglioso che il cielo possa dare, il solo a dare un senso più profondo a qualunque vita, a concedere a noi artisti, anime tristi, rintanati in piccole vite a scrivere sogni, mille vite in una, mille amori, mille viaggi, esperienze ed esistenze che non avremo mai.
Se voi che mi leggerete siete tra coloro che sono stati posseduti da questo divino demone, in qualunque maniera vi sia presentato, nn lasciatevelo sfuggire, a qualunque costo, coccolatelo e blanditelo, regalategli fiori e cioccolatini e trattatelo come il più capriccioso e meraviglioso degli amanti, nn rassegnatevi quando avete l’impressione che se ne sia andato, perché nn è così, sta solo verificando la consistenza della vostra mente e della vostra pelle, ma nn fate mai che si disamori di voi, perché sì, se si è innamorato di voi e della vostra anima ed ha deciso di cambiare la vostra vita con le sue storie, vi farà soffrire come nemmeno vi immaginate, ma senza di lui, se ve lo lasciate sfuggire, la vostra vita nn avrà più alcun senso, nn troverà mai più quel sapore immenso, quel gusto meraviglioso che solo la sua visione del mondo sa dare. Voi che viaggerete per il resto della vostra vita con vistose bende insanguinate nell’anima, nn importa se sarete grandi o mediocri, celebri o famose nullità, voi saprete di avere il privilegio di essere amati da un vero angelo, e tutti coloro che nn lo sono, che vivono felici vite di inconsapevolezza, vi parranno forse più sereni di voi, ma infinitamente più soli. Credetemi, chi nn lo conosce nn sa nemmeno lontanamente qual è il vero gusto della vita, ma lui sì, lo sa. Dategli solo l’occasione di raccontarvelo e vedrete se nn ho ragione.
Siate benedetti.

Nuovi Inizi

Mi ero stancata del vecchio blog... ed ho deciso che era ora di cambiare. Sono sempre una pigrona lentissima a scrivere, perciò non è che qua ci scriverò molto... per il momento ci aggiungo un pò di vecchi post che mi son piaciuti, storie vecchie mai pubblicate... e poi, man mano che mi vien voglia ci scrivo roba nuova... per il momento però questo è un nuovo inizio....

Salute a tutti! i quattro gatti che casualmente finiscono sul mio blog a leggere vaneggiamenti.... ;)