domenica 13 settembre 2009

LAMPO ROSSO


Il freddo dell’acciaio mi attraversa la spalla come in lampo gelido, il mio nemico mi ha ferito. Con un rapido movimento mi sottraggo alla lama ed il colpo successivo è mio, molto più preciso del suo. Lo sguardo si fa subito vitreo: prima che cada so di averlo ucciso.
Ho perso di nuovo la battaglia, ed ha vinto la bestia assassina che si cela in questa lama, il demone per cui è diventata tristemente celebre con il nome di Lampo Rosso.
La sua lama non è mai pulita perchè quando lo è chiama urgentemente sangue, anche quello di chi la impugna, se necessario. Molti di coloro che l’hanno posseduta sono morti suicidi ed è stata lei a possedere loro, alla fine. Ora è arrivata a me, ma non mi possederà mai. Io sono la prima donna a toccarne l’impugnatura e possiedo una dote che mancava a tutti coloro che mi hanno preceduta ed hanno bramato toccarla: la compassione. Più di una volta Lampo Rosso ha chiamato il mio sangue, per passare ad un guerriero più bellicoso di me, ma io sono riuscita ad ingannarla.
Solo quando chiede sangue altrui non sono ancora riuscita a sconfiggerla, perchè il demone che possiede la mia anima è forte quanto quello che anima Lampo Rosso.
Il suo nome è Vendetta e non mi lascerà finché non avrò eliminato la causa di tutto il mio dolore, coloro che hanno distrutto me e la mia famiglia, dissanguando di taglieggiamenti l’attività di sarto di mio padre, inducendolo a rivolgersi a strozzini che lo hanno condotto prima a vendere tutto, poi a mandare moglie e figli a fare i servi con lui e infine a suicidarsi dal dolore, per non vedere il modo in cui veniva trattato che amava. Io ho ucciso il mio padrone, uno degli strozzini di mio padre, dopo che mi aveva picchiata per l’ennesima volta, perché aveva cercato di violentare la mia sorella minore, dodicenne. L’ho ucciso con Lampo Rosso, che aveva avuto in pagamento di un debito e non aveva mai osato toccare, che ha sentito la mia sete di sangue così grande da mangiare tutto il mio cuore.
Fuggii quando uccisi quel sadico assassino e vidi i suoi compagni massacrare tutta la mia famiglia. Promisi alla lama che mi sarei vendicata e la bagnai col mio sangue, che ancora mi usciva dalle labbra martoriate dalle botte di quell’uomo e seppi che Lampo me l’avrebbe data, ed anche molto di più, se avessi osato chiederlo.
E così fu.
Ho ucciso quasi tutti coloro che furono causa della mia rovina, ma compiere questa vendetta mi ha trasformata in qualcosa che non avevo pensato di diventare: un sadico assassino come quelli che avevo giurato di uccidere. Ora sono un temuto guerriero e nessuno conosce più ciò che io sono veramente. Il mio nome viene solo bisbigliato con un misto di timore e ammirazione, ma io combatto contro un nemico più grande, ora: la voglia di uccidere, il piacere della lotta e del trionfo, perché io vedo negli occhi dei miei nemici la rabbia e la paura, la disperazione e la voglia di rivalsa e mi accorgo di quanto mi assomiglino, a ciò che ero prima di imparare a nascondermi ed a farmi masticare l’anima da questi demoni.
È ora che io abbandoni questa spada, ma non posso trasmetterla ad un altro guerriero perché il seme di morte che essa porta con sé germoglierà nella sua anima fino a portarlo alla distruzione, quando sarà di nuovo libera di infettare un altro guerriero.
No, essa deve essere sepolta e dimenticata, fino alla fine dei tempi.
Ma anche se la seppellissi nelle profondità più abissali della terra qualcuno potrebbe ancora ritrovarla ed essa tornerebbe ad uccidere… bisogna che con essa vada distrutto il suo demone ed il solo modo che ho di farlo è sconfiggere il mio: ho rinunciato alla vendetta. Non ucciderò i pochi superstiti di coloro che distrussero la mia famiglia e la mia vita e così sarò forte abbastanza da battere il demone di sangue che infetta quest’acciaio.
Ci sono riuscita. L’ho fusa e ne ho fatto una pentola. Servirà solo a cucinare cibi ed a nutrire i corpi che prima nutrivano lei col loro sangue. E se qualcosa di velenoso fosse rimasto in essa ed i cibi cotti in lei intossicassero, allora diverrà un vaso e le piante che in lei io pianterò crescendo la monderanno da ogni male. Il suo cuore sarà di terra ed essa diverrà madre dei semi che in lei germoglieranno e fioriranno, quando in lei sarà tornata la compassione ed il suo nome sarà dimenticato, saremo guarite entrambe. La mia lunga vita tornerà ad avere un senso e potrà infine avere termine.